IL TRIBUNALE
   Rilevato  che  all'odierna  udienza  e'  stato chiesto dalla difesa
 dell'imputato  Selano   di   dichiarare   inammissibile   l'incidente
 probatorio  richiesto  dal  p.m.  ai sensi dell'art. 392, lettera c),
 come novellato dalla legge n. 267/1997;
     che difensori di Riccardi e di  Campana,  Ferdeghini,  Dal  Pino,
 Lamberti  e  Franco, cui si sono associati tutti gli altri difensori,
 hanno eccepito l'illegittimita' costituzionale  di  detta  norma  per
 violazione  degli  artt.  3  e 24 Cost. in conseguenza della sentenza
 della Corte costituzionale n. 361/1998;
   Premesso che in sede di udienza preliminare e' stato  richiesto  ed
 ammesso  incidente  probatorio  ai  sensi  dell'art.  392 lettera c),
 c.p.p. avente ad oggetto l'esame di imputati che avevano reso al p.m.
 dichiarazioni nei confronti di altri;
     che la questione di legittimita' costituzionale e'  rilevante  al
 fine  di  decidere  circa la revoca del provvedimento con il quale e'
 stato ammesso l'incidente probatorio,  revoca  oggi  richiesta  dalla
 difesa di Selano, osserva quanto segue:
   La   legge   267/1997,   intervenendo  sulla  disciplina  contenuta
 nell'art.  513 c.p.p. con l'introduzione di  consistenti  limitazioni
 all'utilizzabilita'   delle   dichiarazioni  rese  dall'imputato  nei
 confronti di altri al p.m. o alla p.g. su delega  del  p.m.,  ha  poi
 esteso  le  ipotesi  di  incidente  probatorio,  prevedendo  senza le
 limitazioni di cui alle lettere a)  e  b)  dell'art.  392  c.p.p.,  e
 quindi  in  via  generale,  l'ammissibilita' dell'incidente avente ad
 oggetto l'esame dell'indagato e delle persone indicate nell'art.  210
 c.p.p. su fatti concernenti le responsabilita' di altri ed e' inoltre
 intervenuta  sulla  disciplina  dettata  dall'art.    421  c.p.p. per
 l'udienza preliminare;
   Tale  estensione   dell'incidente   probatorio   era   strettamente
 collegata   al   particolare  regime  dettato  per  le  dichiarazioni
 concernenti la responsabilita' altrui dalla novella del  97,  essendo
 finalizzata   a   consentire  l'utilizzabilita'  delle  dichiarazioni
 eventualmente rese dall'imputato in  tale  sede;  la  sentenza  della
 Corte  costituzionale  n. 361/1998, ripristinando la utilizzabilita',
 con i contemperamenti introdotti  dalla  Corte,  delle  dichiarazioni
 concernenti  le  responsabilita'  altrui,  fa  quindi  venire meno la
 ragione ispiratrice della riforma del 392 c.p.p.;
   Da cio' puo' derivare un contrasto tra tale norma e gli artt.  3  e
 24 Cost.;
   Quanto  al contrasto con l'art. 24 Cost., si osserva che sotto tale
 aspetto la questione non appare manifestamente infondata;  e'  chiaro
 che  il ricorso all'incidente probatorio per l'ipotesi prevista dalla
 novella del 97 era stato dettato (e di fatto e' stato utilizzato)  al
 fine  di  consentire  che  non  venisse  disperso al dibattimento, in
 seguito ad una  scelta  processuale  del  dichiarante,  il  materiale
 acquisito  nelle  indagini  preliminari;  una  volta venuta meno tale
 esigenza, la possibilita' di anticipare la formazione della prova  in
 un  momento  scelto  discrezionalmente  dalla  parte  che  conduce le
 indagini  puo'  infatti  costituire  una  (non   piu'   giustificata)
 limitazione  del  diritto  di  difesa; in proposito, si osserva anche
 che, a differenza di quanto avviene al dibattimento, il  giudice  per
 le  indagini preliminari, nel momento dell'assunzione della prova, ha
 visione  di  tutti  gli  atti contenuti nel fascicolo del p.m. con le
 conseguenze, anche non intenzionali, che  da  cio'  possono  derivare
 quando vengano esercitati i poteri di cui all'art. 506 c.p.p.;
   Per quanto riguarda la violazione dell'art. 3 Cost., si osserva che
 la  deroga ai principi della concentrazione e dell'immediatezza della
 formazione della prova al dibattimento appare ora  irragionevole;  e'
 vero  quanto  sostenuto  dal  p.m.  circa  il  fatto che la normativa
 contenuta nell'art. 392 c.p.p. deroga a tali principi  in  altri  due
 casi  non  dettati  dalla non rinviabilita' della prova, ossia per la
 perizia implicante una prevedibile sospensione del  dibattimento  per
 piu' di sessanta giorni e per l'esame del teste minorenne per i reati
 di  violenza  sessuale; e' pero' vero anche che in entrambi tali casi
 la deroga e' giustificata, nel primo caso dall'esigenza di  garantire
 la  celerita'  del  dibattimento, nel secondo dal fine di tutelare la
 persona del minore; in proposito si osserva che, per lo stesso  fine,
 l'art.  498,  comma  4  c.p.p.  prevede  la deroga all'esame diretto;
 infine  si  osserva  che,  una  volta   equiparato   il   regime   di
 utilizzabilita'  delle dichiarazioni del coimputato che si rifiuta di
 rispondere a quello dettato per il testimone reticente, la diversita'
 di disciplina contenuta nell'art. 392 c.p.p. per le due  ipotesi  non
 appare piu' giustificata;